Cronache dal Rinascimento - Il sacco di Roma La tempesta si scatena


6 maggio 1527. I soldati dell'imperatore Carlo V si svegliano. A Roma è ancora buio, piove e c'è una fitta nebbia. I Lanzichenecchi scendono dal Gianicolo e si dirigono verso Porta Santo Spirito, dove incontrano la resistenza della milizia romana messa insieme all'ultimo momento dal papa. I soldati spagnoli e italiani arrivano intanto indisturbati a Porta Cavalleggeri perché i cannoni di Castel Sant'Angelo non sparano a causa della nebbia. Il comandante degli imperiali, Carlo di Borbone, tenta un assalto al Torrione con una scala, ma dalle mura vaticane qualcuno spara nella nebbia, uccidendolo. Tra loro c'è anche Benvenuto Cellini, celebre orafo e scultore. In breve, gli imperiali sfondano le mura e dilagano a Borgo, raggiungono piazza San Pietro, dove prima fanno strage delle guardie svizzere pontificie e poi dei fuggiaschi che cercavano un rifugio nella Basilica ancora in costruzione. Quando sono ormai a pochi passi dall'alloggio del pontefice, Clemente VII si decide a fuggire attraverso il Passetto, un passaggio sopraelevato e fortificato che collega il Vaticano con Castel Sant'Angelo. La nebbia si dirada e i cannoni del papa iniziano a sparare. Mentre i soldati italiani rimangono a presidiare la fortezza, Spagnoli e Lanzichenecchi passano il Tevere e danno inizio al Sacco di Roma, che dura otto giorni. L'esercito lascerà Roma solo nel febbraio del 1528 lasciando dietro di sé un bilancio pesantissimo di morti, devastazioni, stupri, furti e sacrilegi.

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